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Le mura dei Ciclopi e il Genio della Roccia di Alatri

Edoardo e Ginevra, fratello e sorella, si recano in gita scolastica ad Alatri. Anche se ancora non lo sanno quella sarà la più bella giornata della loro vita! Al ritorno dovranno scrivere una relazione sulla storia delle mura poligonali ma… sorpresa, incontreranno il Genio della Roccia che li farà viaggiare
nel tempo fino alla posa della prima pietra di mura che per secoli sono state un enigma, ma non vogliamo anticipare altro.
Siete curiosi? Non vi resta che leggere!

Le mura “ciclopiche” senza mistero

Per mura poligonali, si intende un ampio ventaglio di costruzioni archittettoniche dell’ Italia antica. È associato a queste mura l’aggettivo “poligonali” per la forma dei blocchi che le costituiscono, il cui montanggio avviene a secco e tendono a formare complesse geometrie. Vengono anche chiamate “ ciclopiche” per via delle grandi dimensioni dei blocchi. Il Lazio meridionale vanta di una grandissima concentrazione di rocche megalitiche; proprio per questo gli eruditi nel corso dei secoli, hanno ipotizzato che alcuni miti di collocazione ignota, potessero essere attribuiti a questi luoghi. Le mura poligonali rappressentano tutt’oggi un grande mistero simile a quello delle piramidi egiziane, quelle mesoamericane e ai monoliti sul isola di Pasqua. La scienza cerca ancora di dimostrare la veridicità di queste imponenti costruzioni. Tuttavia le dimensioni fuori dal comune, non costituivano un impedimento per gli artigiani dato che erano esperti sul sistema delle leve. Superstiti di antiche città, sopra le quali sono stati costruiti monumenti medievali e moderni, testimoniano una stratificazione molto complessa invece le mura divennero uno scrigno di architetture risalenti a vari periodi ma avendo perso la loro funzione di difesa, oggi rappresentano l’identità e l’orgoglio degli abitanti delle città che le hanno conservate.

Il mito di Saturno, il dio fondatore di città

Dopo essere stato bandito dal monte Olimpo, il dio Saturno giunse presso le coste laziali, dove, accolto dal dio Giano, fondò la città di Saturnia sul Campidoglio, riunendo le genti sparse sui monti, istruendole all’agricoltura e alla vita sociale. Iniziò, così, un’epoca di grande splendore e abbondanza, chiamata “età dell’oro”. Gli uomini, per ringraziare il dio del suo operato, decisero di chiamare “Latium” la loro terra in suo onore. Oggi, il carattere del falcetto è il simbolo caratteristico che indentifica il dio come divinità dell’agricoltura. Le Saturnali, feste in cui venivano esorcizzati i dèmoni e capovolti i ruoli sociali, furono istituite in onore del dio Saturno. Quest’ultimo viene identificato con il dio greco Crono, padre di Zeus e dei suoi fratelli, che sancisce l’ellenizzazione della cultura romana. Cercando di sapere chi fossero gli autori delle strutture megalitiche presenti nel Lazio meridionale, gli eruditi locali  ne attribuirono la costruzione al popolo dei Pelasgi e ai Ciclopi, figli di Poseidone. Il colto monaco Pietro Diàcono, volendo nobilitare le antiche origini di Atina, ipotizzò la costruzione di un sontuoso tempio in onore del dio nella città stessa. Bernardino Clavelli, storico del ‘600, rivendicò che la città di Arpino fosse la vera Saturnia, possedendo la lapide tombale, l’urna cineraria e la vestigia del sepolcro di Saturnus Conditor. Si pensa che Saturno fosse l’artefice di molte altre città, riconducibili ad oggi con alcune di esse inizianti con lettera “A”, come, ad esempio, Alatri, Anagni ed Aquino per la presenza di alcune strutture ciclopiche. Nel XIX secolo gli archeologi cambiarono i termini “Ciclopeo” e “Pelasgico”, dichiarando ormai superato il tempo delle città del dio Saturno.

Il fenomeno delle mura poligonali nel Mediterraneo e nell’Italia antica.

Molti edifici sono costruiti con blocchi di pietra senza l’uso di malta o altri leganti, come nell’Italia antica. Da questa tecnica così semplice, emergono mura alte e spesse, dovute alle dimensioni dei blocchi, dalla pendenza derlle pareti esterne, dal sistema di drenaggio interno, le quali compaiono a seconda delle esigenze dell’uomo. Le somiglianze tecnichge fra monumenti risalenti ad epoche diverse, vengono spiegate con simili esigenze difensive e simili materiali nei differenti luoghi. Un’altra ipotesi che viene presa in considerazione è il fatto che degli artigiani itineranti abbiano portato nuove tecniche costruttive. Guardando l’intera fascia appenninica centroitalica, si può notare che il territorio si è articolato intorno a centri fortificati d’altura, con mura dalla duplice funzione. Il gran numero di murature poligonali che si può notare nel Lazio, non ha confronti con le varie parti d’Italia, anche se la tecnica muraria più evoluta, a poi trovato applicazione nei territori estranei al Lazio. Da poco si è scoperto che in alcune località prive di cave calcaree si trovano murature poligonali di tufo dato che quest’ultimo è facile da tagliare, può essere quindi squadrato in blocchi parallepipedi; questo è dovuto alla tradizione latino-italica. Dal II secolo  a questa tecnica fu affiancata l’opera  cementizia contenente sabbia, calce e pozzolana miste a pezzetti di pietra e rivestite da piccoli blocchi di pietra, cosicchè si potesse unire solidità, rapidità d’esecuzione ed economicità.

Le murature poligonali: la tecnica e i suoi inganni.

La costruzione delle mura poligonali sono basate su una presunta evoluzione per quanto concerne la linearità delle tecniche di costruzione; tuttavia non ci sono verifiche storiche ed archeologiche ben fondate, che reggano questo concetto. Secondo Giuseppe Lugli, che propose il più fortunato e duraturo degli schemi poligonali, si possono distinguere almeno quattro maniere costruttive differenti fra loro in base alle caratteristiche che le contraddistinguono:

  • La prima è caratterizzata da blocchi non ben definiti nella forma, accostati senza giunzioni precise e del tutto privi di schegge.
  • La seconda è basata su l’utilizzo di blocchi sbozzati, ricalzati con scaglie.
  • La terza consiste nella giustapposizione di poligoni regolari a superficie levigata.
  • Infine, la quarta prevede la disposizione su piani orizzontali con forma approssimativamente trapezoidale.

Per molti epigoni dello studioso italiano, le quattro maniere si sarebbero succedute nel corso dei secoli in modo lineare. Negli ultimi decenni è stato attuato un processo di radicale revisione dell’evoluzione interna e delle datazioni di molti circuiti murari. Solo la combinazione di osservazioni di natura tecnica, topografico-urbanistica e storica, in alcuni casi, ha condotto a proporre nuove ipotesi. Secondo alcuni studiosi, l’unitarietà costruttiva di alcune tra le cinte maggiori deriverebbe dalla coerenza progettuale, dall’adeguamento del tracciato alla morfologia del terreno e, infine, dall’applicazione costante di espedienti destinati a favorire il drenaggio delle cortine murarie.

Glossario per parole, immagini, video, musica e… link

MirkoKulig

Le mura del Mito per l’Unesco

Mura poligonali

Centro studi sull’opera poligonale

Megalitismo Italia

Pelasgia: opera poligonale

Bibliografia: